Fido, il primo locale al mondo dove puoi bere una birra e conoscere un cane da poter adottare

L’emergenza dei cani randagi è una situazione che riguarda tantissimi paesi. Per cercare di sopperire a questa condizione, si cercano di adottare delle strategie finalizzate a far adottare più cuccioli possibili. Ha fatto notizia l’apertura di un locale, Fido, che propone alla clientela birra, cibo e permette di conoscere dei cani che possono essere adottati. Da quando ha aperto hanno trovato famiglia finora 70 cagnolini.

Scott Porter è il proprietario di Fido’s Taphouse, l’originale locale che dà la possibilità alle persone di incontrare dei cani da adottare. L’idea nasce da un progetto in collaborazione con il gruppo di soccorso Oregon Friends Of Shelter AnimalsOFOSA, che si propone di “salvare il maggior numero possibile di cani randagi”. Grazie al lavoro dei volontari, si salvano i cagnolini dalla strada, li curano al fine di cercare una casa per sempre.

Ogni volta che un cliente entra nel locale può conoscere dai 4 agli 8 cani adottabili e fare loro amicizia. C’è anche la possibilità di giocare con loro in un’area predisposta ad un costo di 4 dollari. In questo modo si offre agli animali e ai clienti la possibilità di creare un legame tra di loro.

Se un cliente decide di adottare un cane c’è un preciso iter da rispettare. Infatti i cagnolini non vengono subito lasciati alla prima richiesta, ma prima si devono aspettare dei giorni utili per capire se ci sono i presupposti giusti per l’adozione. Quando si avanza la proposta di adottare un cagnolino infatti, si deve conoscere il futuro padrone e capire se è la persona adatta.

Una volta aver trovato la persona giusta, il cucciolo potrà andare finalmente nella sua nuova casa. L’apertura di questo locale ha rappresentato per molti cani randagi una grande possibilità di trovare finalmente una famiglia.

Se il progetto di Scott Porter si diffondesse anche in altri paesi sicuramente tanti altri cagnolini randagi potrebbero avere la possibilità di trovare presto una casa.

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